mercoledì 17 febbraio 2010

mercoledì.

Oggi voglio appellarmi a tutte le mie forze. Mi sono svegliata bene e in tempo, ho fatto tutto e ho mangiato anche un'arancia prima di uscire di casa. Che per me è un record. Ero tranquilla quando ho visto una donna in strada che mi ha disturbato l'anima per tutta la mattina. Una donna sformata, zoppicante, con lo sguardo perso nel vuoto. Persa nel corpo e nella mente, con un bigodino in testa per spiegarci che il confine tra l'esterno e l'interno per lei era andato a farsi benedire. Alla radice di certi sguardi-di-abisso, c'è sempre una profonda ferita. Per un istante ho immaginato questa poveretta da bambina. Poi ho discosto l'attenzione dalle mie stesse visioni, ne ho avuto paura. Paura per lei. Per quello che deve aver passato per ridursi così. Uscire di casa in pantofole, attardarsi in mezzo alla strada anziché mettersi al sicuro sul marciapiede, odiare il mondo con la sola espressione del viso. Oscura, grigia, i capelli in testa fuori controllo, dritti come quelli di una pianta grassa, gli occhi che sembravano color porpora. Stramaledette le circostanze che hanno portato Marisa - questo il nome che le ho dato - fino a qui. Quando ho inserito Marisa nel computer, ho capito quanto può risultare spietata la vita, anche tra i modesti controviali del mio stesso quartiere.

2 commenti:

  1. Anche a me capita di stare malissimo al solo incontro con persone così infelici e disgraziate. Il più delle volte penso: in diverse circostanze, potrei esserci io, al suo posto.
    L'immagine così visibile, e tangibile quasi, della sofferenza mi sconvolge lo stomaco ogni volta. La vita sa essere davvero tremenda, per certe persone.

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  2. Sara: è quello che tragicamente ho pensato anche io. A volte basta troppo poco.

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