sabato 27 febbraio 2010

domenica.

Da un'ora, è domenica. Buongiorno! E buonanotte contemporaneamente.

sabato.

Questa notte dormendo ho pensato (e pronunciato) le seguenti parole: Quadratino Infinitesimo.
Che vorrà dire?

venerdì 26 febbraio 2010

venerdì.

Ci sono quei giorni in cui le facce della gente per strada mi appaiono deformate come alcuni personaggi dei film di David Lynch.

Altri invece in cui i volti delle persone che camminano accanto a me in città mi rassicurano. Li trovo gentili, normali, assorti nei propri pensieri tranquillizzanti. Un nome che io trovo adattarsi bene a questo secondo tipo di individui è: Rebecca. Questo nome non mi ricorda nessuno in particolare. Questo è un nome che richiamo io alla mia stessa mente quando sento la necessità di cose belle e serenità.

Così, questa mattina, nell'inserire il nome Rebecca nel mio lavoro di data entry, mi sono sentita al sicuro.

giovedì 25 febbraio 2010

giovedì.

Spunta la primavera. La città sorride, il mondo prova a distrarsi un po'. Avrei voglia di saltellare per strada o fischiettare "video killed the radio star". E invece mi capita un nome serissimo.
Mi capita il nome Aldo. Così mi vine in mente Aldo Nove. O Aldo Busi. Due scrittori che ho letto. Quest'ultimo è anche un personaggio della TV. Ieri sera impazzava all'Isola dei Famosi. Tra doppi sensi e il ricordo delle vittime di Haiti. E vabè. Pazienza.

mercoledì 24 febbraio 2010

mercoledì.

Ieri sera mi sono addormentata pensando: "domani mattina voglio svegliarmi di buonumore!"
E in effetti assurdamente ha funzionato. Provare per credere.

Comunque, il primo nome che ho inserito al lavoro è stato: Michael. Davvero! Quasi non volevo crederci. Michael mi ha riportata a quest'estate quando è scomparso Michael Jackson. Quella di "scoprire" Michael Jackson solo dopo la sua morte è una cosa che potrebbe apparire sciocca. Fastidiosa o stucchevole. Tuttavia, inutile girarci intorno, a me è successo. Molto rapidamente ho riguardato e riascoltato tutte le sue canzoni e i suoi video con occhi diversi. Ma è stato qualcosa di più. Sono entrata in contatto con il suo mondo. Ho percepito quello che prima non vedevo di lui. E' andata proprio così, non ci posso fare niente.

martedì 23 febbraio 2010

martedì.

Ignazio è il nome che ho inserito stamane. Ed è il nome che ho pensato di attribuire anche a un tizio che si incontra spesso nel mio quartiere. Questo Ignazio si apposta ad ascoltare le altrui conversazioni. In alternativa: parla da solo. Capelli lunghi, schiena curva, cappotto grigio, occhiali tondi. Ignazio, poverino, è così brutto che bisogna concentrarsi un po' prima di guardarlo, per evitare lo spavento. Tuttavia, oggi pensavo a una cosa.
Pensavo che quelle sue parole in fila, solo all'apparenza prive di senso, assomigliavano a una specie di preghiera. L'eterna preghiera di Ignazio, il quotidiano, faticosissimo, intenso esercizio spirituale di Ignazio

lunedì 22 febbraio 2010

lunedì.

Ci sono troppe cose da capire e io faccio fatica a stare dietro a tutto.

Comunque il primo nome che ho inserito oggi è stato: Loredana.
Loredana era anche il nome della mia amica immaginaria. Questa Loredana era molto diversa da me. Era aggraziata, aveva i capelli lunghi e gli orecchini a forma di ciliegia. Era proprio una bambina delicata e al tempo stesso un po' smorfiosa. Sapeva sempre tutto lei. Invece io ero goffa, avevo i capelli corti, ed ero umile, mansueta, di quelle bambine "dove la metti sta". Inutile dire che sognavo di essere come Loredana. Loredana! Loredana?! Dove sei?

domenica 21 febbraio 2010

domenica.

Domenica. A volte si fatica ad accorgersene. Dentro un alveare di pensieri. Eppure è domenica, bisogna festeggiare di essere ancora qui.

sabato 20 febbraio 2010

sabato.

Oggi mi bruciano gli occhi. Me ne sto qui. Mi circondo di tazzine e fotografie. Aspetto di avere voglia di uscire!

venerdì.

Oggi stento a credere ai miei occhi. Sotto un pioggia battente me ne vado a fare gli ultimi inserimenti della settimana. Stento a credere perché ho visto cose che non avevo mai visto prima. Il primo nome che ho inserito è stato il mio. Noemi. Quello che ho visto è diverso da quello che credevo di sapere. Noemi è qualcosa che non conoscevo. Come canta la mia
omonima a Sanremo, "Mi guardo allo specchio/Mi trovo diversa/Mi trovo migliore".

giovedì 18 febbraio 2010

giovedì.

Monica, questo è il nome che ho inserito oggi per primo. Monica mi fa pensare in particolare a due persone.

Una è una ragazza che viveva nel mio stesso condominio quando ero bambina. Questa Monica veniva ogni tanto da me a farmi giocare, non era una baby-sitter, era una specie di amica molto più grande, a metà - in fatto di anni - tra me e mia madre. Non ricordo nulla di preciso, solo che io questa Monica proprio la adoravo. Le volevo un gran bene, mi divertivo un sacco con lei, era molto buona e dolce. E una volta si è presentata a casa mia con una cesta di vimini e dentro c'era un gattino così piccolo che quasi non si vedeva. Era il mio gattino. Si chiamava Saltello. Era il 1984. Monica: non riuscivo a dire il suo nome, lo storpiavo in Mo-ca-na.

L'altra Monica è una ragazza che ho conosciuto in un contesto completamente diverso, quasi trentanni più tardi. Abbiamo condiviso un'esperienza difficile e forse anche per questo tengo molto a lei. Monica è dolce nel viso, nel suo sorriso c'è qualcosa di molto rassicurante. Monica da qualche tempo è anche mamma di un bimbo bellissimo. E Monica è molto intelligente, riflessiva, chiara in ciò che pensa e dice.

Monica & Monica: due persone così importanti per me, così discrete, vicine e lontane al tempo stesso. Lontane tra loro, lontane da me, lontane nel tempo eppure vicine al mio cuore, alla mia mente. Questo è il dato che inserisco oggi. Che la vita può essere ricca di persone così!

mercoledì 17 febbraio 2010

mercoledì.

Oggi voglio appellarmi a tutte le mie forze. Mi sono svegliata bene e in tempo, ho fatto tutto e ho mangiato anche un'arancia prima di uscire di casa. Che per me è un record. Ero tranquilla quando ho visto una donna in strada che mi ha disturbato l'anima per tutta la mattina. Una donna sformata, zoppicante, con lo sguardo perso nel vuoto. Persa nel corpo e nella mente, con un bigodino in testa per spiegarci che il confine tra l'esterno e l'interno per lei era andato a farsi benedire. Alla radice di certi sguardi-di-abisso, c'è sempre una profonda ferita. Per un istante ho immaginato questa poveretta da bambina. Poi ho discosto l'attenzione dalle mie stesse visioni, ne ho avuto paura. Paura per lei. Per quello che deve aver passato per ridursi così. Uscire di casa in pantofole, attardarsi in mezzo alla strada anziché mettersi al sicuro sul marciapiede, odiare il mondo con la sola espressione del viso. Oscura, grigia, i capelli in testa fuori controllo, dritti come quelli di una pianta grassa, gli occhi che sembravano color porpora. Stramaledette le circostanze che hanno portato Marisa - questo il nome che le ho dato - fino a qui. Quando ho inserito Marisa nel computer, ho capito quanto può risultare spietata la vita, anche tra i modesti controviali del mio stesso quartiere.

martedì 16 febbraio 2010

martedì.

Sul tram questa mattina ho visto una ragazza dall'aspetto perfetto. Più che altro, sembrava che tutti i suoi vestiti fossero nuovi: borsa nuova, scarpe nuove, giacca nuova, occhiali nuovi, pantaloni nuovi... i capelli erano super puliti, le sopracciglia appena modellate, le unghie appena smaltate e limate. La pulizia del viso impeccabile, lo sguardo sicuro. Cavoli: ho pensato. Sarà così ogni giorno? O domani e dopodomani si decomporrà, per poi ricomporsi periodicamente? Domanda destinata a restare senza risposta. Comunque l'ho soprannominata Genoveffa.

E la cosa più incredibile è che proprio Genoveffa era il mio primo nome di oggi. Il primo ma anche l'ultimo. Ciclicamente, eternamente Genoveffa!

lunedì 15 febbraio 2010

lunedì.

Oggi non ricordo molto. Il tragitto di stamattina, cosa ho pensato, cosa ho detto. Tuttavia, il primo nome che ho inserito è stato: Adele.

Cosa mi fa venire in mente Adele? Nulla, o qualcosa che non esiste. Come
Ariel, il personaggio della Tempesta di Shakespeare. Adele: sembra il nome di un folletto. Come qualcosa che non esiste, come questa giornata di passaggio, che esiste e non esiste, che forse non ricorderò. Eppure c'è stata, eppure ha fatto parte di me. Eppure sono contenta che presto finirà, perché so che lascerà spazio a giorni più interessanti, più utili, più reali.

domenica 14 febbraio 2010

domenica.

"Mi piace lavorare" era il titolo di un film di qualche anno fa. Mi piace lavorare dico oggi. In tutti i sensi. Anche lavorare sulla propria vita, per capirci qualcosa. Anzi ne ho paura, ma vorrei che mi piacesse. E un po' mi piace in fondo l'idea di conoscere meglio come funziona tutto quanto!

Bene. Ho detto la mia anche oggi. Buona giornata di festa.

sabato 13 febbraio 2010

sabato.

Sabato: la libertà. Ma non la libertà dal lavoro. Libertà invece dalle costrizioni che a volte ci si impone da soli. Libertà dalle prigioni della mente. Dall'oppressione dell'anima. Libertà di cambiare, di rinascere, di vivere la vita con dignità e con amore. Libertà di mettere il naso fuori dalla finestra, libertà di scoprire nuove cose. "liberarsi dalle convinzioni, dalle pose dalle posizioni".

venerdì 12 febbraio 2010

venerdì.

Ieri la tormenta di ghiaccio, oggi un bel sole, l'aria chiara e le strade pulite. Ieri mi sentivo triste e oppressa, oggi più allegra e rasserenata. Un tempo avrei pensato: "il clima segue il mio umore". Avrei pensato a una strana magia. A un mistero. A qualcosa di sovrannaturale, segreto, speciale, solo mio. Oggi penso: accidenti, sono metereopatica! Sono (solo) metereopatica. Sono almeno un po' metereopatica. Poi certo, il mio umore si adegua al fluire delle mie stesse riflessioni. Così, se ieri pensavo a cose tristi e oggi cerco una via d'uscita positiva, è chiaro che ieri mi sentivo triste, oggi più positiva. Però è anche vero che spesso, specie nei cambi di stagione, il mio personale umore si determina a seconda del meteo. Potrebbe apparire così banale, questa scoperta. Questa scoperta di essere "normale". Almeno un po' normale. Anche un po' metereopatica, come molti umani. E invece non è banale: mi apre una nuova prospettiva di vita. Un modo nuovo di vedere la vita, di vivere la vita. Un modo reale. Più "triste" all'apparenza. Ma meno "triste" nella sostanza e nella lunga percorrenza.

E sono giunta a queste conclusioni a partire da un nome. Il primo della giornata: Gianluca. Come Gianluca Mercalli: il metereologo!

giovedì 11 febbraio 2010

giovedì.

Sotto la "tormenta di neve" che confusione, i fiocchi erano così grossi che a un certo punto ho pensato fosse ghiaccio. Una "tormenta di ghiaccio". Che è un po' la metafora di come mi sento precisamente oggi. Sotto una "tormenta di ghiaccio". Sì, bè, sembra esagerato ma è inutile fingere buonumore sotto, appunto, una "tormenta di ghiaccio". No?

In compenso, il primo nome che ho inserito oggi è stato: Cristina. E fin qui, tutto normale. Ho pensato che Cristina era il mio dome preferito da bambina. Avrei preferito Cristina a Noemi, che è invece il mio nome. Nome che ho iniziato ad apprezzare molto più tardi. Pensavo a queste cose. Quando ecco un secondo nome da inserire: Mirko. Mirko, Cristina. Cristina Mirko. Chi è stato bambino negli anni ottanta avrà già capito. Ed ecco che si è allora formato ben compatto il ricordo del cartone animato Kiss me Licia. Dove Licia si innamorava di Mirko, con i capelli gialli e rossi. E successivamente quello di Arriva Cristina. Telefilm interpretato da Cristina D'Avena, che qui non si limitava a cantare la sigla (come nel caso di Licia) e diventava protagonista lei stessa in prima persona. Così ho capito perché mi piaceva così tanto questo nome. Perché adoravo e veneravo Cristina D'Avena, più di ogni altra cosa al mondo. Più dei Puffi, ad esempio.

mercoledì 10 febbraio 2010

mercoledì.

Oggi oggi oggi. Qualcosa gira dentro la mia testa come una biglia. E non si ferma mai. Sì, c'è il sole. Sì c'è atmosfera di Carnevale nell'aria. Eppure: un po' di malinconia mi cerca ancora, sapete come quei ragnetti che ti fanno la ragnatela sul muso mentre ti addormenti su un prato? Una cosa del genere.

In ogni caso, un dato l'ho inserito anche oggi. E questo dato è un nome e questo nome è: Carmela. Carmela mi fa pensare a quella parte di sangue siciliano che mi circola nelle vene. Per il resto il mio corpo è composta al 70% di acqua e al 35% di bagna caòda piemontese. Se penso alla Sicilia mi invade il pensiero di una curiosità che non potrà mai essere soddisfatta. Come sarebbe stata la mia vita se i miei nonni fossero rimasti lì. E invece sono arrivati a Torino, si sono stabiliti a Torino, hanno messo le radici a Torino, sono poi anche morti a Torino. Quando ero piccola non mi rendevo conto di avere queste origini. Mi sentivo torinese e basta. Poi, come quando i bambini si scoprono le manine, poi i piedi ecc ecc, anche io lentamente ho iniziato a sentire, dentro di me, se questo è possibile e non è solo una mia fantasticheria, il richiamo anche di quella terra.

martedì 9 febbraio 2010

martedì.

Uscendo di casa, senza colazione, senza ombrello e la mia solita tazzina di caffè freddo in circolo, i microscopici fiocchi di neve mi picchiettavano sui capelli, sulla faccia, sulle scarpe. Oggi arranco un po' nella mia giornata ed è così perché ho inziato ad arrancare già dal mattino. Questo perché sono completamente immersa e inzuppata, come un frollino nel tè, dentro le mie meditazioni. Che stanno andando un po' oltre, ad esempio stamane mi interrogavo sul come mai sono così e non in un altro modo. Anzi, sul come mai non mi ero accortaprima di essere in un certo modo, e soprattutto sul come mai non ne avevo viste le cause, né calcolate minimamente le conseguenze.

E vabè: unica certezza di oggi è che il primo nome che ho inserito è stato: Chiara. Chiara, come una bimba che è appena nata, la figlia di una coppia di venditori del mercato. Mentre lui, il papà, sceglieva i broccoli e li infilava nel mio sacchetto, mi raccontava che questa Chiara, una settimana e due giorni, questa notte non ci ha pensato proprio ad addormentarsi perché, poverina, aveva il singhiozzo. hic hic. Così lui si è addormentato alle cinque e alle sei era già lì dietro il bancone. Ma ne vale la pena! Mi ha detto, e aveva gli occhi pieni di lacrime. Non certo per il freddo.

lunedì 8 febbraio 2010

lunedì.

E va bene: è lunedì. Ma facciamo finta di niente. Quando mi sono svegliata mi sembrava di stare in una caverna, per il buio e per il freddo. Poi però il mio primo pensiero è andato alla fiction che ho visto in tv ieri sera, su Basaglia. Un pensiero di civiltà, che mi ha definitivamente cacciata fuori dalla caverna della notte, del sonno, del tumulto dell'inconscio, nonché guazzabuglio dell'animo umano.

Partendo dalla fine, vi dico che il primo nome che ho inserito oggi è stato: Emma. Come Emma Bovary. Come Emma di Jane Austen. A quale delle due assomiglierà questa Emma italiana di oggi?

domenica 7 febbraio 2010

domenica.

Il mio pensiero di oggi, domenica 7 febbraio, è questo: la speranza e insieme la paura che tutto rimanga uguale a se stesso. Mi chiedo se capirete questa frase. Non perché non siate intelligenti, anzi. Piuttosto per l'oscurità della frase stessa. Per il fatto che non sempre riesco a esprimere ciò che realmente ho pensato. Mah. Chissà che esiti avrà tutto questo melanconico ragionare sulla vita. E poi ho pensato: ok, quando compio trentanni, smetto di pensarci, alla vita, e inizio a viverla davvero. Non mi sembra né troppo tardi né troppo presto. Poi non so, ditemi voi.

(p.s. questo è quello che succede nei giorni di riposo. Capirete bene allora perché io abbia davvero necessità di un lavoro chiaro e preciso come dataentry).

sabato 6 febbraio 2010

sabato.

Ieri una nevicata poderosa ci teneva in scacco matto. Oggi un sole altissimo e luminoso ha risvegliato Torino prima del solito. La settimana è andata. Mi sono svegliata alle 9.10. E ho bevuto il mio solito caffè freddo di ieri sera. Ripensavo ai giorni passati. Uno dopo l'altro senza pause. In questo momento vorrei essere su un elicottero e guardare la città dall'alto!

venerdì 5 febbraio 2010

venerdì.

Se non mi concentro un po', tutto rischia di scorrere via dalla memoria come un vestito vecchio. E invece voglio ricordare questa mattinata qualunque. Mi sono svegliata di soprassalto alle 8.15. In ritardo, di corsa, trangugiando in piedi un Pan di Stelle e mezza tazzina di caffè freddo, gelido. La neve scendeva piano ma costante, nulla a che vedere, comunque, con la bufera del pomeriggio. Camminavo quasi con gli occhi chiusi, per il sonno. Il sonno mi accompagnava come un fantasma, come un mantello. Non ho incontrato nessuno. Tranne un tizio che camminava come una papera. Portava un cappello da Paperoga. Aveva il muso appuntito come un becco. L'ho soprannominato Raffaele.
Ascensore, reception, porta. Nome numero uno: Raffaele. Raffaele da Paperopoli!

E ora che sono qui a raccogliere i cocci della giornata. E ora che sono qui a ricominciare tutto daccapo. Vi auguro buon fine settimana. Vi auguro di riposare e svegliarvi lunedì mattina di buonumore.

giovedì 4 febbraio 2010

giovedì.

Quando mi tocca fare la doccia al mattino, è dura. E dire che è una mia scelta. La sera la doccia non mi piace. Mi sembra di "rovinare" un buon lavoro fatto. Tutta quella cura nell'asciugarmi i capelli: distrutta da sette ore intensive di cuscino! Quindi questa mattina, prima ho preparato il caffè e poi sotto la doccia. Sono uscita a testa bassa, perché il freddo e il grigio picchiavano forte, non riuscivo quasi a tenere gli occhi aperti. Il cielo era una nuvola di fumo. Nel tragitto ho visto una ragazza che piangeva. Questo capita di frequente a Torino. Le ragazze piangono. Si mettono le cuffiette, si arrotolano la sciarpa al collo. E piangono mentre camminano per strada. Cerco sempre di guardarle negli occhi, per dimostrare la mia solidarietà, per farle uscire per un secondo dalla solitudine di quel gesto disperato che è piangere camminando per strada di prima mattina. E così ho fatto con questa ragazza. Che ho soprannominato Daniela. Lei ha ricambiato lo sguardo, facendo no con la testa. Come per dire: no no, non è poi così grave. Oppure: no, no, non puoi capire perché io stia piangendo in questo modo.
In ogni caso, sono arrivata alla mia postazione. Ascensore, reception, porta. Il primo nome che ho inserito questa mattina, scritto con una calligrafia sicura ma ancora giovane, sporcato dentro l'alone di una goccia che poteva benissimo essere una lacrima ormai asciutta, per una strana coincidenza, era proprio: Daniela.

mercoledì 3 febbraio 2010

mercoledì.

Ho una nuova sveglietta che mi ha regalato il mio fidanzato. Piccola, argentata, ovale. Mi piace molto. Solo che devo imparara ancora a conoscerla. Il suo squillo è delicato, sembra più un cinguettio. E così: non l'ho sentita! Alle 8.20, con un occhio solo aperto, mi sono scaraventata giù dal letto. La luce era quella di un giorno di primavera piena. I gradi invece quelli di un igloo. Ho salutato una famiglia di pinguini che faceva colazione con Pan di Stelle e latte biologico sul nostro tavolo. E sono uscita via fuori di casa. Ho preso il pullman. A digiuno, con due tazzine di caffè freddo in circolazione. Mi girava un po' la testa. Nel tragitto verso il lavoro ho incontrato una ragazza che vedo spesso nel quartiere. Non la conosco ma l'ho soprannominata Eleonora. Lei ha degli occhiali gialli e un cappotto rosso. Spinge una carrozzina. Immagino che quello che c'è dentro sia il suo bambino. Eleonora ha lo sguardo rivolto a un suo orizzonte lontano. Non ho ancora capito se è molto malinconica o molto felice. Penso la seconda ipotesi. Alla mia postazione sono arrivata un po' di corsa. Che coincidenza: il primo nome che ho inserito è stato proprio: Eleonora.

martedì 2 febbraio 2010

martedì.

La sveglia-cellulare che squilla alle 7.30. Ma io sognavo di essere al mare, sotto quelle specie di mini-tende che si vedono in spiaggia e la gente usa come ombrelloni. Quindi alle 8.00 suonate mi sono scaraventata giù dal letto. Una tazzina e mezza di caffè freddo avanzato da ieri. E via fuori. Al gelo colorato di celeste. Una luce che proveniva da un altro pianeta copriva la città come un'invisibile coperta. Il freddo mi pungeva la faccia e mi piaceva il pensiero di avere i capelli puliti. Prima di arrivare in qualsiasi luogo, mi sento agitata. Molto agitata o poco agitata. Ma la costante dell'agitazione non mi abbandona mai. Ascensore, reception, porta. Saluto tutti e proseguo il lavoro di ieri. I miei dati da inserire, le mie cose da fare. Pensavo che si può voler bene anche a un foglio di carta o a una pinzatrice. Ma questo è un pensiero da capire, può durare anche solo un secondo, riscritto più tardi rischia di apparire buffo o insignificante. Spero che voi che leggete ora abbiate compreso cosa intendo. Il primo nome che inserisco oggi è: Maria. Un nome da mamma. Il nome di mia madre. Dalla calligrafia delle persone, si può capire come si sentivano nel momento in cui scrivevano. Questa Maria mi pare tranquilla e precisa. Inserisco volentieri il suo nome. Come vi dicevo, ero un po' agitata stamattina. E poi invece il nome di Maria mi ha sollevata, come una caramella di zucchero. Alla pausa caffè ero di nuovo allegra. E pensavo: vorrei cucinare dei biscotti. Ma buoni, questa volta. Non come i miei soliti, che sanno troppo di burro.

lunedì 1 febbraio 2010

lunedì.

La sveglia-cellulare che suona alle 7.30. Almeno oggi, volevo fare tutto con calma. Mi sono tirata giù dal letto seguendo il raggio di sole che filtrava giallo dalle persiane. Mi sono diretta subito in cucina a preparare il caffè. L'ho aspettato leggendo la Stampa. Sentivo la vita rinascermi nelle ossa. Il cielo di oggi, 1/2/2010, aveva tutto l'aspetto del giorno uno di qualcosa. Azzurro, giallo, bianco.
Nel tragitto una donna mi ha salutata, senza conoscermi. Mi ha proprio sorriso. Mi ha confusa con qualcun'altra, ma l'ho preso come un buongiorno-che-si-vede-dal-mattino.
Tutta la strada era rimasta più o meno uguale. Ascensore, reception, porta. Non ho colleghi nel senso stretto del termine, ma divido la stanza con tre persone, più una al di là di un vetro. Sono persone educate e gentili. Le sento lavorare, ascolto i loro flussi di lavoro, i loro discorsi. Mi piace la loro compagnia. La loro discrezione. Condividiamo la pausa caffè, mi sento a mio agio con loro. E i loro volti mi mancavano davvero.
Comunque rieccomi alla mia postazione.
La sedia è comoda, la luce travolge l'ufficio. Vedo le montagne e la mia mente inizia a volare come Sebastian sul Fortunadrago.